Ai miei nonni…
“Passammo per Albano, dopo esserci fermato alquanto…(omissis) all’ingresso di un parco tenuto, e non già mantenuto, dal principe Chigi proprietario di quello, in un modo strano, ed appunto per questo motivo, non ne consente a veruno l’ingresso. Si direbbe quella una foresta. Alberi, piante, arbusti, cespugli, erbe, tutto vi cresce in piena vita, vi secca, vi cade, vi si corrompe. Ogni cosa cresce nella località che più le torna adatta, e quindi tanto più rigogliosa. Il punto dove stà l’ingresso è di una bellezza indicibile. La valle è chiusa da un alto muro, e da una cancellata in ferro si può vedere all’interno la strada, la quale, salendo, porta sulla collina dove sorge il castello. Un abile pittore potrebbe trovare colà il soggetto di un bel paesaggio”
Johann Wolfgang von Goethe, inverno 1787.
Strada Antica Corriera, oggi Via del Pometo. La strada che a mo di tangenziale moderna, ha il suo inizio distaccandosi dall’Appia Antica in prossimità del Ex-Romitorio di Albano laziale ( davanti l’inizio di Via Pratolungo), con i resti del Tempio di Asclepio e, con il suo fontanile posto subito a sinistra (oggi scomparso…ma forse non del tutto), curvava verso Nord-EST portando viandanti e visitatori verso Ariccia.
E fu così per secoli, da quando questa piccola mulattiera intersecava la vecchia via Sacra, che dall’Appia Antica, in prossimità dell’Attuale Rotatoria “Conciatori”, si dirigeva verso il Mons Albanus, Montecavo, attraversando quel bosco sacro a Diana, divenuto poi in parte Parco Chigi. Un crocevia di storie e legende, cronache e misteri dove ogni pietra affiorante vive di memorie e millenni di vite vissute.
La nostra piccola storia ha inizio da qui, ovvero voler raccontare quello che è accaduto ad una piccola casetta incastonata in questo angolo di mondo, sul pendio di una valle che era d’ingresso al mondo sacro per i Latini e per i Romani, il bosco Nemorense, con i suoi riti e le sue processioni guidate dai Magister, che per secoli l’hanno attraversato e senza i quali al bosco non si poteva accedere; le origini del fabbricato e come si presenta oggi, dopo l’ultimo intervento adoperato da chi scrive.
L’immobile si trova a ridosso di Via del Pometo, unico presente sul lato sinistro della strada, ad una giusta distanza dal Ponte. La ristrutturazione esterna ed interna, è un qualcosa di accaduto negli ultimi 10 anni, ma il “casotto”, come spesso ricorre nelle cartografie antiche, ha secoli di storia alle spalle.
Cartografie “Archivio Chigi” del 1800, con riportata la dicitura “CASOTTO”.
Non è escluso che lo stesso Goethe, per come descrive l’arrivo a ridosso del Parco Chigi il 22 febbraio del 1787, non vi abbia transitato davanti, a quello che doveva essere uno dei tanti “casotti” sparsi nelle tenute dei Chigi. Casotti ad uso e servizio di chi manuteneva questi boschi ( il bosco intorno era chiamato Macchia della Selvotta) e la Valle di sotto, Vallericcia per anni destinata alla coltivazione della canapa, per poi passare a lino ed altre monoculture diventando poi orti. Una struttura semplice, rettangolare, in conci di peperino su un unico piano e una semplice copertura a doppia falda coperta a tegole. Il lato più lungo del fabbricato posto sempre parallelo alla strada. Molti sono i quadri che lo ritraggono il casotto sin dal 1700.
Eppure l’inizio non sembra essere questo. La situazione appena descritta rispecchia gli elenchi dell’atto di acquisto da parte dei Chigi nei confronti dei Savelli, quando questi acquistarono Ariccia il 20 luglio 1661. In pochi anni Ariccia vide un riammodernamento infrastrutturale e viario totale; con i Chigi, che nel frattempo avevano anche eletto un Papa, Alessandro VII, la cittadella venne riammodernata. La stessa via del Pometo, e per conto dello stesso Gian Lorenzo Bernini, venne allargata e lastricata. Il “casotto” come detto era già li. Le sue fondamenta per cronache legate anche a chi vi ha messo mano a metà del secolo scorso, lasciano pensare in maniera quasi certa che la sua esistenza avesse radici ben più profonde: molte opere del ‘600 che ritraggono il paese sempre da questo punto, spesso, al posto del casotto, lasciano intravedere ruderi e in altre un’ edicola di piccole dimensioni. L’area è quella descritta all’inizio, ovvero l’ingresso ad un bosco sacro. Le edicole votive erano presenti in questi luoghi da tempi lontani ed in particolare anche lungo la via Sacra che era li, a pochi metri di distanza. Erano piccoli manufatti che in occasione di molte festività ai tempi della Roma antica, venivano adornate durante le processioni. (Le feste sacre alla dea Cerere, le Lemuria o Lemuralia le feste degli spirti vaganti). L’uso poi cristiano di conversione di queste edicole ( basti pensare alle stazioni della Via Crucis) fu una conseguenza. Da qui il “casotto” potrebbe aver preso vita diventando prima una sorta di magazzino agricolo ( anche sotto i Savelli), o comunque luogo di riparo, poi abitativo rimanendo sempre li guardiano dei secoli a venire.
La sua destinazione ad uso abitativo è databile da inizi 800, per quelli che sono sempre gli innumerevoli dipinti esistenti, lo si evince dalle modifiche, le aperture, subite. La cartografie cominciano ad evidenziarlo più volte. Da inizi 800, con il ponte monumentale ancora assente, l’uso del “casotto” fu quello anche di controllo a chi era d’ingresso alla città di Ariccia: durante gli interventi di ristrutturazione tra il 2015-2016 è emerso il vecchio pavimento a ciottoli, nonché le due feritoie poste sui lati corti del fabbricato punti di osservazione per chi accedeva e usciva dal paese. Materiali di cava prossimo ( come evidenziano le carte tecniche di rilievo delle cave di zona redatte dai Chigi stessi), in una area, quella sotto al ponte, che fu anche di servizio ai Castra Albana nel III sec. d.C., una sorta di campo di addestramento dell’epoca. La divisione era in 2 stanze con un camino posto centralmente nella parete sud: una delle due stanze, per le canalizzazioni emerse, doveva essere stalla adibita a ricovero animali (cavallo-mulo), l’altra, posta su lato est, ad abitazione, il tutto su 30 mq di superficie. Il piano terra è rimasto unico piano sino al 1954-57 quando con progetto approvato dal Comune di Ariccia si realizzò il I piano.
L’immobile, come emerso dall’Archivio Storico di Stato, ha iniziato a cambiare di proprietà sul finire dell’ 800, dai Chigi fino all’ultimo atto del 2015. Nel rispetto di oltre 4 secoli di storia, negli interventi susseguitisi dal 2015 ad oggi i materiali scelti sono stati sempre nell’osservanza del preservare luogo e memoria: dal ciclo della calce per risanare le pareti, ai pavimenti in cotto a mano. I ciottoli, recuperati per intero, sono stati usati per la pavimentazione esterna giardino. Al piano terra è stata mantenuta una delle due feritoie, quella verso ovest, verso Albano, dalla quale chissà quanti “altolà chi va la” saranno stati intimati.
Le storie che attorniano questo luogo sono molte. Spesso mi venivano raccontate da mia nonna paterna che durante la guerra, fuggiti dal veneto, in questo luogo si ritrovarono e lo iniziarono a vivere con tutti i fratelli. Mio padre, che racconta sempre come la prima tv della via, fece comparsa proprio dentro questa casa sul finire degli anni 50 e le sere, soprattutto d’estate, vi si radunavano tutti i bambini della via e dinanzi alla finestra a destra del portone d’ingresso, si arrampicavano per vederla, una quasi scena da Cinema Paradiso di Tornatore. Mia madre, che racconta di come da bambina con la nonna a piedi e con i cugini, ci passavano davanti al “casotto” per andare a prendere le gazzose allo spaccio ad inizio via del Pometo ( …e mio padre dice di ricordarsi sta flotta di bambini che passavano). Mio nonno materno, che dal banco della porchetta in piazza si prendeva il suo tempo lasciando li mia nonna materna, e col vespone scendeva dalla piazza di Ariccia passando qui davanti per salire poco più su a trovare figlia e nipote appena nato. Mio nonno paterno, stuccatore romano, che raccontava i lavori fatti, in questa casa ma non solo, visto che a pochi metri di distanza ne costruì una di casa dove rimanemmo fino al 90. A volte, quando esco di casa, me lo immagino passare col suo 128 FIAT ROSSO, e sicuro che si fermerebbe, come sempre faceva quando sapeva che stavo per combinare qualcuna delle mie, mi direbbe ” che stai a combina’!??”. Mai come oggi gli avrei detto, nulla conservo e tutelo solo la vostra memoria, come meglio mi riesce fare.
Di ricordi, storie e cronache se ne potrebbero scrivere ancora altre. Va da se che per chi ha voluto in estrema sintesi, e dopo quasi 10 anni dall’esserne entrato in possesso, raccontare questo piccolo angolo di Ariccia, lo ha fatto perché ne è particolarmente legato, un gran tour “goethiano” del ricordo, dell’identità ma anche della memoria.
Si ringrazia:
Archivio di Stato, sede di Via di Galla Placida, Roma.
La Biblioteca Apostolica Vaticana, Dott.ssa Federica Orlando
Arch. Francesco Petrucci, curatore Palazzo Chigi Ariccia
Gruppo Facebook “Si d’Ariccia se…”
Famiglia Martin-Bombardieri