Centro storico di Ariccia: lo spazio che si andrà a raccontare affaccia sulla valle delle Dee, Valleariccia e suoi templi perduti. Qui, poco più di un anno fa, ha avuto inizio un restyling portato a termine nel totale e più profondo rispetto della memoria del luogo. Evidenti ancora le ferite della II Guerra Mondiale, quando gran parte della struttura collasso sotto i bombardamenti alleati tra gennaio e giugno 1944. Il Belvedere di Ariccia era altro, era parte del palazzo ad esso oggi adiacente. Pertanto una struttura rinata nel dopo guerra nella parte più affiorante, ma che, alle sue basi, tra colonne, conci di varia misura e volte dialoga ancora con l’antica Aricia, la cittadella che viveva della sua autonomia ancor prima che Roma nascesse.
Su quelle pietre levigate e mano, traccia delle fatiche di quel tempo, dai segni dello scalpellino sulla roccia, spontaneo ma curato è stato il gesto di rispetto, nel ridefinire uno spazio avendo cura di sottolineare l’accaduto e il trascorso, nelle forme, ma in particolare nella scelta dei materiali.
Lo spazio si divide in 3 livelli, comunicanti tra loro tramite una scala a conci di peperino, ricavata all’interno di una galleria scavata naturalmente e in parte coperta a volta ad opera incerta. Dal piano terra, su Via del Parco, si scende ad un livello intermedio per poi arrivare ad un livello ancora più in basso con accesso su via delle Croce. Spazi magazzino, spazi creativi a cui è stato confezionato un vestito che ne mettesse in risalto identità e funzione: al piano intermedio la pavimentazione in legno naturale dona il giusto contrasto con il grande volume venutosi a creare tramite il bianco rivestimento delle pareti e del soffitto. La luce puntuale, il ferro lasciato al naturale che taglia questo volume creando angoli di vista su quegli elementi che ci riportano al passato dalla pietra a vista, a parte della volta a botte, lasciata li, ferita di guerra.
Il passaggio agli altri spazi sono evidenziati dalla scala in ferro, disegnata e posata su misura, sulla vecchia scala per nulla cancellata. La luce a Led esalta entrambe e fa da guida nei vari passaggi, creando un percorso che inizia a definirsi grazie alla nuova illuminazione e ai dettagli in ferro che delimitano uno spazio tutto da scoprire.
Si arriva così scendendo al piano inferiore: il cotto naturale, totalmente fatto a mano riveste per interno la superficie unendosi alla volta preesistente dello stesso materiale. Un gesto di riconoscenza con un materiale che ha quasi, per tempo, le stesse origini dell’uomo. Nulla di più se non aver aggiunto un’appropriata illuminazione, volumi ad uso servizi che invitano all’ingresso dal Via della Croce, con una rampa carrabile, dove una passerella in ferro fa anche la sua veste pedonale. 2 porte cantina da 49 euro e 49 centesimi, poste nel modo giusto e nella maniera giusta fanno il resto.
Non posso fare altro che ringraziare chi ha fatto parte di questo viaggio, ma soprattutto la nuova e la vecchia proprietà per l’opportunità offerta nel ridar vita ad un luogo che sa di tempo, memoria ed identità.