LA MATERIA E I LUOGHI: L’OSSERVANZA DEI CONTESTI

E’ ormai tema di ogni giorno, ascoltare o discutere, sul concetto del km 0. Il XXI secolo si è aperto nella rassegna dell’ecologismo, del rispetto dell’ambiente, in ogni sua forma più sfrenata. Meglio tardi che mai. Città a km0. Prodotti a km0. Mangiare a km0. Nel mentre però si rincorrono ancora prodotti o materiali di qual si voglia natura, da luoghi lontani e lontanissimi: è un qualcosa che si è accentuato nelle ultime decadi della storia, soprattutto in termini di quantità. Spreco, consumo, Co2 per i trasporti, decontestualizzazione di prodotto e materia, temi e dibattiti che hanno riempito pagine e pagine di carta tra giornali, libri ma anche in Tv.

Eppure in passato, nell’alimentazione, così come nell’edilizia, per secoli si è sempre ricorsi a prodotti e materie locali. L’esercito romano, cosi come i nostri bisnonni, non avevano Farina 00 d’importazione a stelle e strisce per nutrirsi. Avevano il farro italiano, l’orzo, l’avena e di questi le relative farine, come anche quella di castagne. Prodotti delle loro terre.

E in architettura?

L’osservanza dei grandi maestri

Le grandi committenze, quindi le grandi opere, oggi come ieri, hanno sempre osato superare determinati confini, andando in cerca di rarità come marmi, pietre, e tessuti. Eppure l’attenzione e l’osservanza dei grandi maestri, come Bernini per esempio, ai luoghi e alle maestranze, a volte ebbe la migliore: ne è un caso la Chiesa dell’Assunta ad Ariccia , dove non un marmo è presente al suo interno, ma solo stuccature, di scuola romana. A Roma l’arrivo del marmo di Carrara è datato con l’arrivo di Augusto Imperatore, intorno agli anni 20 del I sec. a. C. Fino ad allora il merito delle bellezze Repubblicane era degli stuccatori; una prima forma di crisi economica e del settore forse, per quello che poté significare l’arrivo di una pietra così ambita e ricercata. Il resto di Roma però, continuò ad edificare ancora con materie del posto. Tufo, peperino, basalto, le relative malte, il travertino: I San Pietrini sparsi per tutta Roma, hanno le loro origini a Castelli Romani : derivati dalla lavorazione di una pietra eruttiva, tipica oltretutto del vulcano laziale. Quello a cui si è assistito negli ultimi anni è una ricerca forsennata e, quindi, l’imperversare di materiali e prodotti lontani, distanti, anche belli, ma che poco hanno a che fare con la natura dei nostri luoghi. Siamo
diventati tutti piccoli Augusti? Per ego forse si. I danni ormai largamente asseverati e osservati, sono tanti dal punto di vista formale, estetico, di rispetto dei luoghi e delle pre-esistenze, senza dimenticare gli annessi danni ambientali legati all’elevata richiesta e annesso smaltimento. Un esempio lo è il porfido: pietra Dolomitica, che negli anni è comparsa un po’ ovunque, in Italia e non solo. Le criticità sono tante, dalle richieste innumerevoli, elevate per le cave che sopportavano ben altri ritmi, cosi come i consumi per il trasporto, quindi tutti i danni ambientali ad essi connessi e, per concludere, l’incongruenza con i luoghi di destino: i lastricati di porfido sui lungomare, nei centri storici di tanti comuni del centro e sud Italia, sono una bestemmia e un affronto al contesto. Ma non solo, oggi, con prezzi che vanno al kg, e neanche al mq, per pavimentazioni esterne, la scelta può oscillare tra pietre Greche, del Sud America, della Cina con prezzi sempre più distruttivi per il settore e del “fatto in Italia”.

LA MATERIA E I LUOGHI: L’OSSERVANZA DEI CONTESTI
LA MATERIA E I LUOGHI: L’OSSERVANZA DEI CONTESTI

Le maestranze, chi sa e sa di sapere sono un’altra categoria che paga il conto. Un pavimento in cotto, materiale a base di argilla, seguito da una semplice posa a calce e un minimo di fuga (la fuga tra le mattonelle è invenzione del XX sec.) andrebbe considerato sotto molteplici profili. Non è un elemento di nicchia, poiché, per secoli e secoli, non lo è mai stato. I pavimenti in una casa si realizzavano una sola volta. Contornatosi oggi anche di soluzioni per la propria protezione, era ed è un materiale eterno. Tutte le banchine del Porto di Traiano erano e sono realizzate in cotto disposto a spina di pesce. Dal suo smaltimento e scarto, unito ad altri laterizi frantumati e calce, disposto in più strati diede origine al cocciopesto, un materiale di rivestimento impermeabile, la cui origine è anche non Romana.

Il titolo del presente pensiero, è un qualcosa che va oltre gli esempi sopra riportati. Vuole essere una considerazione rispettosa di ogni sorta d’intervento architettonico ma nello stesso tempo un richiamo all’attenzione dei contesti, della storia e dell’identità dei luoghi: in Italia tutto ciò è oro.